La Chiesa di Santa Maria Immacolata a via Veneto

LuiCox
5 min readSep 20, 2020

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Nella centralissima Via Vittorio Veneto a Roma, celebrata sovente dalla filmografia italiana, soprattutto in quella di felliniana memoria legata alla “dolce vita”,

periodo storico dell’Italia repubblicana compreso tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, al civico numero 27 si trova la chiesa di Santa Maria della Concezione dei Cappuccini, o Nostra Signora della Concezione dei Cappuccini, una chiesa cattolica, la cui costruzione, iniziata nel 1626, fu ultimata nel 1631.

La chiesa si trova nel tratto iniziale di via Veneto, percorrendo la strada da Piazza Barberini, in salita verso Porta Pinciana nel rione Ludovisi, sul lato destro, non distante da Palazzo Barberini. Papa Urbano VIII volle la costruzione della chiesa in onore di suo fratello Antonio Barberini, consacrato nell’Ordine monastico dei Cappuccini, ma questa nel corso dell’800 fu demolita per consentire di tracciare un nuovo percorso di via Veneto. Inizialmente la strada delle dolce vita era così chiamata in onore della regione italiana, ma in seguito il toponimo fu cambiato dedicandolo più specificatamente al Comune di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, in memoria della terza Battaglia del Piave, combattuta dal 24 ottobre al 4 novembre 1918, durante la I Guerra Mondiale.

Della chiesa originale venne salvata soltanto la cripta dei Cappuccini. La Chiesa moderna insieme alla cripta, possono essere visitate dopo una breve sosta all’esterno alla vicina fontana delle Api, che si trova all’angolo con Piazza Barberini ed un giro nel Museo dei Cappuccini. Il Museo raccoglie documenti, opere d’arte, oggetti sacri e cimeli vari provenienti da tutto il mondo, per raccontare la lunga storia dei frati Cappuccini, uno dei tre ordini di frati mendicanti che costituiscono la famiglia dei frati francescani.

Nella chiesa si trovano le sepolture dello stesso Antonio Barberini, di Felice da Cantalice e di San Crispino da Viterbo. Nelle dieci piccole cappelle ai lati della navata centrale possono essere ammirate opere d’arte e reliquie, tutte degne di essere osservate. Fra queste ricordo “l’Arcangelo Michele che caccia Lucifero” di Guido Reni, la Natività di Giovanni Lanfranco, il San Francesco riceve le stimmate, del Domenichino, la Trasfigurazione di Mario Balassi.

Nel Museo dei Cappuccini che si trova nella sagrestia spicca una tela di “San Francesco in meditazione”, recentemente attribuita al Caravaggio. Ma l’attrattiva, unica nel suo genere nella Capitale ed al mondo è la Cripta, dove si possono osservare le ossa di circa 4.000 frati cappuccini, raccolte fra l’anno 1528 ed il 1870.

L’originalità dell’ossario è dovuta al modo in cui queste sono state disposte e conservate. Non vi è nulla di macabro o di lugubre, piuttosto vi si trova un modo per ricordare a se stessi che il corpo è solo il contenitore dell’anima. E quando l’anima lascia il corpo…questo contenitore può essere utilizzato in altri modi.

A dare inizio alla visita, il benvenuto è dato da una scritta che sovrasta la porta d’ingresso della Cripta con il monito, che suona come un “memento mori” (ricordati che devi morire): “quello che voi siete noi eravamo; quello che noi siamo voi sarete”.

I resti dei frati non hanno un senso spirituale, non sono reliquie, ma divengono semplici oggetti materiali riutilizzati dai frati con lo scopo decorativo e con lo scopo simbolico di ricordare ai visitatori della morte, in maniera fredda e diretta, ma in qualche maniera artistica. La gran parte delle ossa sono state recuperate dalle fosse comuni del vecchio cimitero dell’Ordine dei Cappuccini che si trovava nella Chiesa di Santa Croce e Bonaventura dei Lucchesi, ai piedi del Quirinale.

Le ossa compongono simboli legati alla morte come clessidre, orologi e farfalle. Dal soffitto pendono lampadari fatti con falangi e coccigi. Alle pareti sono ammassate migliaia di tibie, femori e teschi trasformati in materiali da costruzione a creare nicchie e strutture architettoniche che accolgono gli scheletri vestiti con il saio di alcuni frati. Questi scheletri sono dei pronipoti di Urbano VIII, del Principe Matteo Orsini, della Principessa Barberini, che nella mano destra, del suo scheletro da bambina, sorregge una falce e nella sinistra una bilancia.

La decorazione di ogni cappella è caratterizzata dall’uso prevalente di un osso in particolare, così abbiamo la cappella delle tibie, quella dei bacini, quella dei teschi, e poi quella detta dei tre scheletri e quella della resurrezione. Il pavimento della Cripta si racconta sia stato fatto con la terra proveniente dalla Terra Santa, e lungo il corridoio che si legge una seconda iscrizione che ricorda “Hic jacet pulvis, cinis et nihil”, vale a dire: qui giace polvere, cenere e null’altro.

Continuando a passeggiare su Via Veneto si raggiunge a metà strada, il Palazzo Margherita, all’interno del quale si trova l’Ambasciata degli Stati Uniti, con le annesse Fontana del Tritone e Villino Piombino. Si potrà ammirare la sede di due ministeri: Sviluppo Economico, nel Palazzo Piacentini; Lavoro e Politiche Sociali, nel palazzo Marco Biagi. Poi una serie di importanti e lussuosi hotel: Palazzo dell’hotel Majestic, Palazzo dell’hotel Balestra, Palazzo dell’hotel Palace, Palazzo dell’hotel Excelsior, Palazzo dell’hotel Flora, fino ad arrivare alla Fontana del cane ed alla Porta Pinciana, aperta nelle antiche Mura aureliane.

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